Si narra che lo stesso Omero lo bevesse, ma in realtà non abbiamo traccia storica di caffè in Europa prima del XV secolo, quando alcuni mercanti italiani lo portarono aVenezia, che era uno dei maggiori porti del mediterraneo, e Napoli, facendolo conoscere ed espandere in tutto il vecchio continente. Alcuni sostengono, invece, sia stato Cristoforo Colombo il primo ad aver importato il caffè in Europa.
Il caffè era già una bevanda ben conosciuta in tutto il mondo arabo, e non tardò molto a diffondersi nella penisola italiana, dove i locali che la servivano divennero popolari: le richieste nel tempo divennero talmente tante che originarono l’invenzione della macchina da espresso, proprio per rendere la preparazione del caffè veloce, “espresso”, appunto. Nel 1884 a Torino nasceva la prima macchina da espresso, brevettata da Angelo Moriondo, mentre nel 1901 Luigi Bezzera la perfezionò a Milano.
Il caffè così come lo conosciamo, in “chicchi”, altro non è che il seme di una pianta del genere Coffea, della quale esistono molte varietà che si trovano anche tra le scritte sugli stessi pacchetti nei supermercati: Arabica, Robusta, Liberica, Excelsa le quattro più famose. I botanici non parlano di varietà di vere e proprie specie differenti.
La pianta può raggiungere addirittura i sei metri di altezza (in appartamento in buone condizioni non riesce a superare il metro), presenta aspetto accespugliato, foglie sottili, lucenti e più o meno appuntite, ed ha fioritura estiva (metà estate). Si ravviva di fiori bianchi profumati, che lasceranno poi spazio a bacche, prima verdi, e poi rosse. Ogni bacca contiene ben due semi, due “chicchi” di caffè.
I chicchi vengono raccolti e tostati, ed eventualmente miscelati con quelli di altre varietà. Le miscele più famose contemplano solitamente due attori: l’Arabica, che dona sapore leggero, dolce e raffinato, e la Robusta, che come dice il nome stesso riesce a dare più corpo ed intensità alla bevanda. Ovviamente non tutte le piante di Arabica daranno chicchi dello stesso sapore: come vale per tutte le piante da frutto, anche il caffè risente nel sapore del luogo dove è coltivato, del terreno, dell’esposizione al sole e di tutti i fattori che ne alimentano la vita e la crescita.
Il caffè è un vero e proprio rito per gli italiani, che non ha niente a che vedere con la apparente somiglianza pubblicizzata dai tanti Starbucks: il caffè è per ogni italiano la sigla in fondo a un pasto (e sappiamo tutti quanto sia importante la cucina nella penisola), è il momento di break, la pausa per riprendersi e ricominciare. Proprio per questo, per non abbandonarsi alla digestione o per raccogliere le energie, in Italia è sempre stato apprezzato il suo carattere forte e leggermente eccitante. Alcuni la definiscono una “bevanda intellettuale“, ed altri “agitativa“, ed è probabile che abbiano ragione entrambi, visto che “Il Caffè” è stato anche un periodico pubblicato in Italia tra il 1764 ed il 1766, quando la penisola era dominata dagli austriaci, ad opera di Pietro Verri e del gruppo che si riuniva sotto il nome de “L’Accademia dei Pugni”.